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Breve storia del cognome
di Clara Maffei e Janine Castex
Quando tracciamo la nostra firma a conclusione di una scrittura per riconoscere il contenuto come proprio o comunque per approvarlo noi opponiamo una sigla che ci identifica e ci fa riconoscere da chi ci legge.
Scriviamo perciò il nostro nome e cognome.
Per cognome s'intende il nome di famiglia alla quale un individuo appartiene e che si tramanda di padre in figlio. La parola deriva dal latino cum nomen nel senso che si fa seguire al nome per meglio contraddistinguerlo.
Oggi sarebbe impossibile fare a meno del cognome, e nei paesi civili il cognome è oggetto di tutela giuridica. Questa si concreta nel riconoscimento ad ogni persona del diritto formato dal nome individuale e dal cognome che le è attribuito per legge.
Ma quando è nato l’uso del cognome?
Nelle antiche civiltà orientali mediterranee, al nome proprio a volte si aggiungeva il nome del padre. Presso gli arabi ad esempio Okba Ibn Tashfin, e presso gli ebrei Sanuel bar Josef (dove ibn e bar significano figlio di)
Gli antenati indoeuropei lasciarono questa usanza in eredità anche ai popoli slavi con il patronimico vic, alle popolazioni germaniche con il genitivo patronimico ed ai popoli nordici con la terminazione ssen, sson (figlio di).
Anche presso gli antichi greci le persone non si disignavano con il cognome ma al nome proprio aggiungevano quello del padre e, eventualmente, quello della località di origine.
Fig.1 Un esemplare di "òstrakon", il coccio sul quale veniva scritto il nome del cittadino escluso dalla città. Rinvenuto ad Atene, vi si legge il nome di Temistocle, figlio di Neòcle, condannato all’ostracismo nel 741 a.C.
Un uso più vicino a noi cominciarono a farlo i Romani negli ultimi secoli della repubblica quando, al nome unico dei cittadini aggiunsero altri elementi e passarono alla formula dei tre nomi, i cosiddetti tira nomina:
Per diversificare ancor meglio una persona dall'altra, in qualche caso, si aggiungeva anche una sorta di soprannome, l’argonomen che faceva riferimento a caratteristiche fisiche, al colore dei capelli o alla balbuzie, oppure a fatti che avevano caratterizzato la loro vita o a nomi di popoli che avevano vinto o di campagne militari vittoriose o al loro luogo di provenienza e così via.
Ad esempio Cincinnatus dai capelli riccioluti, P.Cornelius Scipio Africanus per la sua vittoria in Africa.
Naturalmente, c'era tra i nobili chi aggiungeva a proprio piacimento altri nomi-cognomi, costituendo spesso delle liste lunghissime
Fig. 2 L'iscrizione in onore di A. Platorio Nepote
(122-124 d.C.)
Vi si legge: A. Platorius A.f.
Sergia (tribu) Nepos Aponius Italicus Manilianus C. Licinius Pollio
http://www.telemaco.unibo.it/rombo/iscriz/on1.htm
Questo tipo di distinzione era però a retaggio dei soli cittadini romani di nascita libera in quanto i liberti, gli ex schiavi, non prendevano il nome del padre bensì del loro ex padrone mentre gli schiavi non avevano alcuna distinzione e usavano un nome unico.
Il nome gentilizio (Tullius, Iulius) e il cognome divennero col tempo ereditari, ma con la caduta dell’Impero romano tutto ciò andò in disuso: le famiglie si ritrovarono a non aver nessun appellativo che le distinguesse e si tornò ad identificare le persone da un solo nome .
Tale nome poteva cambiare in relazione a particolari avvenimenti, conversioni religiose, ingressi in abbazie e monasteri o per autonoma scelta.
Col passare del tempo, a fronte di nomi personali ripetitivi, tra i quali in Italia andavano di moda i Petrus, Martinus, Bartolomeus, ecc., fu necessario aggiungere almeno un "etichetta" per poter meglio identificare le persone.
E' dai secoli XI - XII che si evidenzia la presenza dei cognomi; molti soprannomi scaturiti da certe attitudini fisiche, da difetti, da qualità o da un certo modo di comportarsi da parte di alcuni individui, si tramutarono in cognomi. (Rossi, Bassi, Pallavicini, che deruba i vicini).
In altri casi il cognome nacque dall'abitare nelle vicinanze di una abbazia, di una collina, di un grande albero, di una torre (Olmi, Del Rio, come pure Ronchi, abitante vicino un vigneto in collina)
Altri presero il proprio cognome in base alla loro professione (Capitani, Fabbri), ed infine, alcuni lo adottarono dal nome del loro padre o della loro madre (Giovanni Di Pietro), o dalla denominazione della città di origine o dei feudi (Luigi Brambilla, dalla Val Branbilla in provincia di Bergamo).
Anche appellativi indicanti animali (Leone , Grillo) furono largamente impegnati come cognomi.
Dal secolo XVII compaiono numerosi i cognomi "costruiti" e dati ai bambini trovatelli, Questi cognomi si distinguono dagli altri perché sovente hanno a che fare con i Santi (Sangiovanni, Sangervasio ecc.); con Gesù o la Madonna (Gloriagesù, Mariano, ecc.); con Dio (Diotallevi, Graziadio, ecc.); con la croce (Santacroce, ecc.); con i giorni della settimana (Lunedino, Sabato, ecc.) e con i mesi (Agosti, Marziano, ecc.).
La nascita del cognome tra gli anni 1000 e 1200, è dovuta in particolare modo alla forte crescita demografica e all'accentramento urbano caratteristico di questo periodo che resero indispensabile un sistema di denominazione fondato non più solo sul nome individuale. Un buon contributo all’uso del cognome lo dettero anche i notai che, preoccupati di evitare ogni possibile confusione sulla identità delle persone chiamate in causa, tesero a ufficializzare i vari soprannomi e a moltiplicare i riferimenti alla discendenza paterna.(la trasmissione del cognome per via paterna, si diffuse in Italia tra la fine del basso medioevo ed il rinascimento - 1400/1500, divenendo obbligatoria solo dopo il Concilio di Trento - 1543/1563).
I nomi di famiglia fu dapprima appannaggio della classe aristocratica al cui cognome era infatti legata l'eredità e la spartizione dei beni; seguiti dalla borghesia, soprattutto i ricchi commercianti, e solo molto più tardi dai ceti meno abbienti
Per alcuni secoli, e certamente fino al XIX. i soprannomi di famiglia si sono affiancati, sovrapposti, confusi e talvolta sostituiti ai cognomi. Buona parte dei cognomi che attualmente utilizziamo, ha subito nel corso dei secoli hanno una certa trasformazione principalmente a causa dei numerosi errori di trascrizione dovuti sia al alto tasso di analfabetismo sia alla scarsa cultura del clero. Basti pensare, ad esempio, che il cognome modificava la vocale finale in base al sesso del battezzato, e questo accadde più o meno fino alla metà del '700.
La trasmissione del cognome per via paterna divenne obbligatoria in Italia solo dopo il Concilio di Trento (1545-1563) dove, tra le molte disposizioni emanate, venne stabilito anche l’obbligo da parte dei ì parroci di "schedare" i loro fedeli.
In teoria possiamo incominciare a parlare di cognomi stabili e fissati, così come li conosciamo oggi, soltanto dopo l'Unità d'Italia, con la creazione delle anagrafi comunali, e l'affermazione di istituzioni e procedure amministrative che ne hanno comportato e sancito per legge l'obbligo
Fig. 3 Borso d’Este, duca di Modena: Ferrara, 1444
Fig. 4 Calvino (1509-1564)
Fig. 5 Camillo Benso Conte di Cavour (1810-1861)
Fig. 6 Giuseppe Garibaldi (1807-1882)
Curiosità
Il cognome ordinariamente è scritto dopo il nome, precede il nome negli elenchi alfabetici e in un largo uso di origine burocratica oggi in regresso.
In disuso anche l’inserzione di titoli tra cognome e nome ( Colonnello Vitalini commendator Enrico) propria dello stile aulico ( Elia cardinale Della Costa , Martino conte Federici)
Attualmente in Italia troviamo circa 350 mila cognomi, molto più numerosi rispetto ad altri Paesi. I più diffusi sono: Rossi; Berlusconi; Ferrari; Esposito; Russo; Colombo; Brambilla; Greco; Ricci
Il cognome "medio" italiano è composto di 7-8 lettere. Sono infatti circa 69 mila le diverse forme di 7 lettere e 65 mila quelle di otto, pari complessivamente a quasi il 39% dei cognomi italiani.
Quelli inizianti con "C" sono i più numerosi, quasi 36 mila, al secondo posto quelli inizianti con "S", circa 32 mila. Seguono la "B" e la "M", circa 30 mila; poi la "P" con oltre 27 mila. Agli ultimi posti la "U" (meno di 2 mila) e la "Q" (poco più di mille)
Foto 7: Adriano Celentano, Gianni Morandi, Renato Zero
BibliografiaDe Camelis G., I cognomi in Italia, Firenze, 1960 (2ª ed.).
De Felice Emidio, I cognomi italiani, Bologna, 1980.
De Felice Emidio, Dizionario dei cognomi italiani, Milano, Mondadori, 1997.
Manconi Lorenzo, Dizionario dei cognomi sardi, Edizioni dellaTorre, 1990.
Rohlfs Gerhard, Origine e fonti dei cognomi in Italia, sta in Studi e ricerche su lingua e dialetti d'Italia, Firenze, 1972.
Webgrafia
Gens http://gens.labo.net/it/cognomi/intro.html
Armand.it http://www.armand.it/rubriche/cognomi3.htm
Telemaco http://www.telemaco.unibo.it/
Autografi Casnas http://digilander.iol.it/casnas/casnas.htm
Clara Maffei claramaffei@libero.it
Janine Castex janinecastex@tin.it